Fare arte altrove? No, a Catanzaro

Ma voi ve lo immaginate un festival di arte contemporanea a Catanzaro? 

Ecco, quel progetto nato per proporre un nuovo punto di vista sulla città, un’immagine nuova che potesse creare la sensazione di vivere in un altro luogo, sarebbe dovuto durare un anno. In realtà, non è andata proprio così: l’iniziativa negli anni si è espansa negli spazi e nella forma, trasformandosi in un progetto di rigenerazione urbana, dando vita ad una serie di iniziative, una galleria d’arte a laboratori per coinvolgere i cittadini.

E la sua trasformazione è ancora in corso: la sua nuova forma? Il MUDIAC, il museo di arte diffusa di Catanzaro che sarà finalizzato a giugno e che creerà le basi per continuare a vivere e crescere sul territorio, e con il territorio. 

Ma torniamo alle origini. 

Nel 2014 Vincenzo Costantino ed Edoardo Surace lanciano una scommessa: trasformare Catanzaro in un vero e proprio museo d’arte contemporanea a cielo aperto, per sperimentare forme artistiche e riflettere sui nuovi modi con cui è possibile vivere, abitare e ripensare la città contemporanea. Ricordiamolo, a Catanzaro.

Il festival è diventato fin da subito un luogo di incontro di una comunità: persone del territorio e artisti giramondo, che hanno incrociato le loro vite con la città, lasciando il segno e piantando radici, artistiche e non.

Dove molti credono che non si possa realizzare niente, due ragazzi hanno lavorato sodo non tanto per abbellire la città con opere di street art, ma per dare vita ad un’impresa culturale in grado di integrare arte e creatività, comunità e sviluppo economico locale. Attraverso il festival si sperimenta, si osa, si ascolta la reazione dei cittadini che piano piano cambia grazie al mutamento del progetto stesso.

Il territorio

In un contesto culturale come quello del sud Italia, un po’ refrattario al cambiamento e reticente alle novità in campo culturale e artistico, i ragazzi stessi si aspettavano solo critiche: il progetto ha dato a loro in prima battuta l’opportunità di ricredersi, perché uno degli errori rispetto alle attività culturali di provincia è quello di sottovalutare i cittadini. Perché si pensa che le persone non possano capire. E invece no. Nel 2014 Vincenzo ed Edoardo propongono una curatela inusuale, la street art astratta, che ha raccolto reazioni inaspettate, da persone inaspettate: Architettonico questo disegno”, ha commentato una anziana signora indicando con un bastone l’opera di Clemence Behr situata in una zona periferica della città, una scultura scomposta in scala di grigi.

Nel 2018 questo fenomeno diventa evidente. Il festival ha inizio d’agosto, quando la città si svuota e gli abitanti di Catanzaro si riversano al mare. Per l’opening i ragazzi di Altrove invitano uno chef stellato, al quale viene richiesto di preparare un buffet per 100 persone. Molti saranno rimasti senza cibo quella sera, che di persone ne arrivarono mille. I 12 minuti che separano la città dal mare sono incolmabili per la gente del posto, eppure il festival è stato in grado di accorciare la distanza, ripopolando il centro storico di arte e cultura, generando un circolo di valore anche economico, permettendo ai bed and breakfast della zona di registrare le strutture al completo. 

Mantenere attiva la comunità

I festival si sa, per definizione hanno una natura temporanea. Ma l’ambizione di Vincenzo Edoardo e Paola Galuffo, che nel 2020 si unisce al team è alta: quella di creare qualcosa che potesse insediare radici sul territorio e sulla comunità 365 giorni l’anno. 

La galleria nasce allora proprio per mantenere questo contatto con la comunità, uno spazio che non vuole essere esclusivo, bensì aperto e pronto ad accogliere anche chi velleità creative non ne ha. È stata un rischio incredibile, raccontano i ragazzi, ed un’occasione per fare incontrare generazioni vecchie e nuove, artisti emergenti e quelli dimenticati. Entrando nella galleria avresti potuto incrociare un artista poco conosciuto ad accoglierti dietro al bancone ad affettare salumi da accompagnare alle fave e al pecorino e soppressata come se fossi ospite in casa loro. 

2022: un museo diffuso per Catanzaro e dintorni

Nell’ultima tappa andiamo un po’ avanti nel tempo, ma non troppo. A giugno il Mudiac, il Museo Diffuso di Arte Contemporanea aprirà le sue porte – in senso metaforico ovviamente – riunendo in un unico percorso le opere donate dagli artisti per il festival, ma non solo. 

Il museo mescolerà la comunità tutta, quella che abita sul territorio, e quella che lo attraversa. La attiverà, avendola coinvolta già dalle prime fasi di sviluppo del progetto per mappare le opere, realizzarne la segnaletica e una fruizione fisica e digitale, analizzare il territorio attraverso dei laboratori aperti a tutti. Un museo realizzato con la comunità, per la comunità. 

Fare cultura in Calabria non è facile. E non è mai uguale a se stessa. Ed è forse anche per questo che, quando abbiamo chiesto a Paola, Edoardo e Vincenzo di provare a descrivere il progetto con una parola o poco più, hanno pensato alle parole resistenza, primavera, rivoluzione. Fare cultura in Calabria non è facile, ma si può fare. 

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