Siamo a Genova, zona portuale. È proprio tra il porto e la celebre Lanterna che si trova un luogo unico nel suo genere. Si parla di ben 4000mq di aree coperte e non: una superficie molto ampia, e tutta da scoprire. Di che cosa si tratta? Definirla solo la sede dell’associazione Music for Peace è certamente riduttivo, ma è proprio da qui che dobbiamo partire.

È il 1994 quando, da una manifestazione no-stop che coinvolge artisti, musicisti e personalità da tutta Italia, nasce Music for Peace. Il biglietto di ingresso? Niente denaro, solo beni di prima necessità. Da allora, l’associazione propone un modello differente di solidarietà, basato sulla raccolta di generi alimentari, materiale scolastico, farmaci ed oggetti per l’igiene personale. Tutto il raccolto è destinato ad interventi a livello internazionale e locale: missioni umanitarie, distribuzione di pasti caldi a senza fissa dimora, assistenza medica a persone in difficoltà e soccorso a nuclei familiari genovesi.
Quando si è trattato di scegliere uno spazio dove questo progetto potesse vivere, non c’erano dubbi: serviva un luogo significativo. Ed è così che inizia il monitoraggio per 7 lunghi anni di questa struttura fatiscente, ma molto esposta, che prima sorgeva in luogo della sede. Affacciato sul porto e adiacente all’uscita autostradale, questo “biglietto da visita” della città, come lo ha definito Valentina, Responsabile Relazioni col pubblico dell’associazione, non le faceva di certo giustizia. Nel 2010, quando finalmente l’associazione riesce ad ottenere la concessione demaniale dell’area, inizia una grande opera di ristrutturazione ed insieme di riqualificazione urbana.

Il risultato finale è incredibile, ed attesta una delle caratteristiche principali di questo civic place, la sostenibilità. L’intera struttura, infatti, è stata rigenerata utilizzando unicamente materiale di riciclo e di recupero. Non solo, anche i numerosi lavori di espansione successivi si sono basati sullo stesso meccanismo. Scivolando negli spazi, ci si imbatte in ex bancali trasformati in panchine, lampadari ricavati da testiere del letto, casse di legno divenute palchetti, e numerose attrezzature e strumentazioni in dismissione conferiti da vari enti ed aziende.
Oltre all’indiscutibile attenzione per l’ambiente, l’intero progetto testimonia anche un grande atto di solidarietà collettivo. Valentina racconta che, se all’inizio di questa avventura erano loro a dover richiedere ad imprese e aziende ciò che serviva per la costruzione, ad oggi sono queste realtà le prime ad offrire senza alcuna sollecitazione. Ma è la stessa Valentina a dirsi non sorpresa da questo gesto, perché infondo “se dai alle persone la possibilità di fare del bene, non si tireranno indietro”.

Comunque, sono i vari spazi a fare di questa sede un vero e proprio luogo di aggregazione. All’interno, infatti, troviamo un campo polivalente, dove i ragazzi e le ragazze della zona possono giocare a calcio, pallavolo, basket o pallatennis. Sono disponibili poi una sala riunioni, un’aula studio, ed un ampio spazio coperto utilizzabile per spettacoli, esibizioni, feste di compleanno o di laurea, conferenze ed incontri. Per il futuro, il proposito è quello di dare vita ad una mensa e una palestra popolari, oltre che ad un’area fornita di docce, lavatrici, asciugatrici e materiale per l’igiene personale.
Ogni area è utilizzabile da chiunque lo desideri, in subordine però all’osservanza di poche e semplici regole: in quanto spazio condiviso, va rispettato e lasciato così come lo si è trovato, proprio come si farebbe con la propria casa. Queste indicazioni minime riflettono anche una specifica filosofia degli ideatori, la quale mescola il desiderio di offrire un servizio alla cittadinanza e la proposta di un modello che sia anche educativo per chiunque vi prenda parte. Secondo Stefano, il fondatore dell’associazione, è proprio in questa connotazione anche educativa che risiede la differenza tra “buonismo” e “fare del bene”.
Se è vero che questi spazi sono aperti ed accessibili tutto l’anno, un’ulteriore occasione di ritrovo è rappresentata da due eventi annuali: Che Festival e Che Stella. Il primo ricrea un po’ l’atmosfera dell’evento da cui tutto ha avuto origine: si tratta infatti di una manifestazione culturale, musicale e sportiva unica nel suo genere, a cui si accede non pagando un biglietto di ingresso, ma donando beni di prima necessità. L’intera sede in questa occasione si attrezza per ospitare presentazioni, concerti, spettacoli di danza, laboratori ed ogni genere di attività per adulti e piccini.
Che Stella, invece, è un vero e proprio villaggio di Natale con luci, elfi, casa di babbo Natale e stand di specialità locali e non. Anche in questo caso, comunque, non mancano concerti, incontri pubblici e spettacoli di vario genere. L’ingresso è regolamentato in modo analogo a Che Festival: niente denaro, solo medicinali e prodotti medicali.
Questa modalità di ingresso, comunque, richiede uno sforzo diverso rispetto al semplice pagamento di una quota. Tramite questo scambio materiale, infatti, si è portati a interrogarsi sul modo in cui gli oggetti donati saranno impiegati. Da questa domanda nasce interesse, che a sua volta conduce alla sensibilizzazione verso le varie iniziative che l’associazione instancabilmente porta avanti.

Insomma, ad oggi la sede di Music for Peace è un vero e proprio luogo di interazione e di inclusione sociale. L’obiettivo? creare aggregazione, non solo durante gli eventi, ma tutti i giorni: è solo tramite l’aggregazione di persone di estrazione sociale, cultura e background differenti che si crea la vera parità di diritti, ci dice Stefano. Una parità che inizia con questa commistione e che sfocia poi in un’unica e rivoluzionaria consapevolezza: quella per cui, in fondo, non siamo poi così diversi.