Per un pugno d’amore

Questo è uno di quei momenti in cui ti assumi un rischio e te lo carichi addosso come zaino in spalla prima di un cammino religioso: ritorno a parlare di un fatto accaduto pochissimo tempo fa e di cui si è ampiamente discusso (fin troppo? E in che termini? Adesso proviamo a capire); lo faccio perché credo che serva scavare a fondo, resuscitare la matrice di un’azione per analizzarla e darle la responsabilità di essere più di un evento isolato.

Un pugno in faccia, in diretta tv e in mondo visione, ad un comico che fa della satira sterile – certamente dall’altra parte del divertimento – da parte di un uomo mosso ufficialmente dall’istinto di difesa della “propria” donna che – non soddisfatto – si scusa qualche minuto dopo gettando tutte le responsabilità della sua reazione a quell’amore (leggi, a quella donna). 

Questo il fatto; e se dovesse per caso sembrare cosa poco rilevante (se non nell’ambito del gossip a breve termine), o semplicemente una quasi rissa tra due uomini, ricchi, famosi, a loro modo privilegiati, io penso che serva una disamina un po’ più complessa. Una di quelle che spazia tra passato, presente e futuro… come piace a noi.

Cosa hanno in comune quel gesto violento, irrazionale, istintivo e animalesco con l’amore?

A me viene in mente una sola risposta: niente.

Si è parlato di cavalleria, si è parlato di maschilismo. Non è incredibile che un’azione possa offrire due chiavi di lettura così tanto lontane tra di loro? Proprio agli antipodi. Già questo fa molto riflettere.

Tuttavia, ritenere una risposta così violenta e piena di istintiva rabbia quale atto galante in difesa della donna, sembra già un ossimoro così.

Purtroppo, però, siamo così abituati ad immagini di questo tipo (non parlo di iconografia cinematografica, mi riferisco alla vita vera) che ci sembra quasi fisiologico giustificare un pugno sferzato senza pensarci due volte, come logica reazione ad un’offesa.

Qui le analisi, infatti, non possono prescindere dalla loro duplicità. 

Da un lato abbiamo la solita triste satira che colpisce alcune categorie di persone e ne fa ridere altre, che quando le categorie colpite sono anche in minoranza e non ridono di una battuta (ma anzi, per quella battuta vivono il rischio perpetuo della marginalizzazione), non si sta facendo un buon lavoro.

Dall’altro lato, la reazione dissennata. La sicurezza e la scioltezza di potersi alzare a passo deciso verso la fonte di disturbo, per fare quel che si vuole. In questo caso un pugno, in altri casi succede che ci si ammazzi.

Ecco perché dico che siamo abituati ad assistere a scene simili, accomunate dalla stessa natura. La natura è quella della prevaricazione sull’altro, la necessità di affermazione del più forte.

E adesso arrivo al punto, che non è semplicemente quello di parlare di due personaggi famosi che si picchiano su un palco durante un evento di gala.

Il punto è trovare la matrice del problema, riportarla alla luce e riversarla sulle vite comuni, sulla quotidianità di tutti noi.

Cosa differenzia un atto simile da un uomo che decide di bombardare una nazione? Si, chiaramente stiamo parlando di due dimensioni di assurdità e pericolosità su livelli diversi, ma chi non vede uno stretto legame tra questi due interventi, non rileva il senso stretto del possesso, della rivalsa e dell’appartenenza che il sistema patriarcale ha inculcato nel nostro DNA.

Da una parte non è morto nessuno, dall’altra migliaia di persone che colpe non hanno. Quindi confermo, la portata degli effetti non è minimamente relazionabile, ma l’origine delle azioni si. Sono connesse in modo più profondo di quel che possiamo immaginare.

“L’amore fa fare cose folli”. 

Cosa vi ricorda? Questa frase non si lega, per caso, a un fenomeno fortemente radicato che, ancora nel 2022, sembra – tragicamente – non affievolirsi affatto? I femminicidi iniziano proprio da questa narrazione qui. O quantomeno così ce li raccontano. L’amore che muove la violenza, il sentimento più forte del mondo che provoca la forza fisica e le da’ sfogo perché, in fondo, tutto vale: la gelosia, il possesso, la predominanza psicologica e fisica. L’amore è anche tutto questo.

Chissà com’è che, al sentimento più puro e delicato, si è iniziato ad affibbiare delle variazioni sul tema. Cosa è successo al diritto a rimanere sé stessi, decidendo sempre per sé (e, casomai, scegliere di decidere insieme) a prescindere dalle persone con cui coltiviamo relazioni, affetti, condivisioni.

Poi, c’è un altro lato della medaglia, un altro aspetto altrettanto insopportabile. Quello che, ancora una volta, ci parla di quanto sia difficile, evidentemente, far coincidere satira e comicità con il rispetto. Eppure, in un mondo ideale, basterebbe una sola linea guida, un piccolo memento prima di aprire la bocca e esercitare il diritto di schernire qualcuno. Sono sicura che si possa far ridere (far ridere tutti), evitando il rischio di accentuare contesti di emarginazione e disagio per alcune categorie di persone. Perché quando l’effetto è questo la “comicità” è tutto fuorché divertente. Assestare un colpo basso, in modo del tutto sterile, provocando ilarità di alcuni e dolore di altri, si chiama cattiveria, si chiama bullismo.

Si può ridere di tutto? Penso di no. Ed è proprio questo il punto: abbiamo davvero necessità di ridere di ogni cosa? 

Si può ancora far ridere, arrivando a tutti ed offendendo (ferendo) nessuno? Si, cento per cento, si può.

Intelligenza e tatto non fanno a pugni con la satira.

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